Graffiti in prospettiva con Photoshop

Di articoli o video che spiegano come fare dei graffiti con Photoshop la rete è piena e c’è solo l’imbarazzo della scelta. Ho deciso però di fare anch’io un post su questo argomento, dove in realtà il graffito è solo un pretesto per parlare di uno strumento, non troppo conosciuto e utilizzato, che coi graffiti ci va a nozze: il fuoco prospettico.

Il fuoco prospettico è inserito nella lista dei filtri, ma non è proprio un filtro; semmai è uno strumento, e come tale sarebbe stato meglio metterlo tra i tool, magari col nome di “timbro prospettico”, ma tant’è…

Parlando di graffiti direi che la prima cosa da fare è procurarsi un muro. Non volendo imbrattare i muri di casa mia ho optato per una ricerca sul web e ho scelto questo, sperando di non infrangere nessun copyright 😦 , che ha proprio la caratteristica di una forte prospettiva che fa al caso nostro.

muro

A questo punto serve il graffito. Con Photoshop è abbastanza facile farselo e, come ho detto, il web è pieno di tutorial a cui ci si può ispirare.
La maniera più semplice è quella di trovare innanzitutto un font adeguato per poi colorare il testo con una sfumatura di colori e applicare un bordo al tutto (e magari aggiungere qualche dettaglio a piacere).

graffito

Ora abbiamo il nostro muro come sfondo e il livello testo in cui c’è il graffito.
Mantenere il livello testo offre il vantaggio di poter cambiare il font senza intaccare gli effetti grafici relativi (o viceversa), ma la tecnica che useremo necessita di un livello rasterizzato; il mio consiglio quindi è quello di duplicare questo livello e lavorare sulla copia (dopo aver “spento” naturalmente l’originale). Quindi rasterizziamo pure la copia in tranquillità (pulsante destro -> Rasterizza stile livello).

muro-graffito

Come si vede i due livelli non sono molto bene allineati e, per l’appunto, questo è il problema che affrontiamo.
Trasformare il graffito in maniera prospettica a mano non è impresa complicata, ma comincia a diventarlo se per esempio poi vogliamo spostarlo magari in un altro punto del muro o per qualunque modifica ci venga in mente successivamente.

Qui interviene il filtro fuoco prospettico. L’utilizzo di questo strumento non è difficile, il difficile sta nel capire da subito come diavolo funziona perché può essere molto frustrante in quanto poco intuitivo. Ecco il perché di questo post.

La cosa essenziale da sapere è che l’utilizzo del fuoco prospettico necessita di due fasi separate. Una prima fase di calibratura e la seconda di utilizzo vero e proprio.
Mentre la calibratura non modifica l’immagine, il successivo utilizzo del fuoco prospettico invece si applica a tutto ciò che è visibile, quindi è opportuno lavorare sempre su un livello trasparente mentre tutti gli altri sono disattivati (o spenti), compreso il muro di riferimento.

Per calibrare la nostra immagine attiveremo solo il livello del muro (il graffito sarà spento, ma solo per comodità) e selezioneremo il menù Filtro->Fuoco prospettico…

La calibrazione consiste nel definire un’area che segua la prospettiva dell’immagine tramite lo Strumento Crea Piano (C). Se il piano che stiamo definendo è “ragionevolmente” corretto,  Photoshop ci mostra una fitta griglia di colore blu, altrimenti viene mostrato un quadrilatero rosso, ad indicare che il rapporto tra gli angoli non è corretto. In ogni caso è possibile affinare l’allineamento tramite lo Strumento Modifica Piano (V). Delimitiamo in questo modo l’area del muro entro cui inserire il nostro graffito.

griglia

Diamo l’OK per uscire dal filtro.

Da questo momento in poi dovremo, per così dire, lavorare alla cieca, ma non è un problema.
Per prima cosa disattiviamo il livello del muro ed attiviamo quello del graffito che poi copiamo in memoria (Ctrl-A -> Ctrl-C).
Creiamo un nuovo livello vuoto e disattiviamo nuovamente quello del graffito. A questo punto non ci sarà nessuna immagine sullo schermo.
Ritorniamo sul filtro Fuoco prospettico… dove ritroviamo la griglia definita in precedenza su fondo bianco.
Incolliamo il graffito che abbiamo in memoria (Ctrl-V).

ctrlv

Trasciniamo il nostro graffito verso l’area che definisce la prospettiva. Il graffito automaticamente si orienterà e deformerà sul piano prospettico.

trascina

Probabilmente, come in questo caso, il graffito risulterà troppo grande per l’area in cui vogliamo inserirlo, dovremo quindi fare un’opera di ridimensionamento tramite lo Strumento Trasformazione (T). Una volta ridimensionato il nostro graffito all’interno dell’area, si può vedere come, spostandolo, l’immagine si adatti automaticamente ai diversi punti prospettici. Una volta soddisfatti della posizione e della dimensione, diamo l’OK e usciamo dal filtro.

graffitopr

Nel livello vuoto da cui siamo partiti avremo ora il nostro graffito in prospettiva. Tenete presente che questa immagine non è più correggibile con il filtro Fuoco Prospettico. Se non ci dovesse soddisfare, dobbiamo eliminarla e ripetere la procedura con un nuovo livello vuoto.
Attiviamo il livello del muro.

graffitoor

L’immagine così ottenuta risulta evidentemente artificiosa. In genere su internet si consiglia di cambiare la modalità di fusione del livello graffito da Normale a Sovrapponi per ovviare. Personalmente trovo comunque il risultato poco soddisfacente. Il mio consiglio è invece quello di duplicare il livello graffito altre due volte e impostare le modalità di fusione nel seguente modo (dal livello più basso a quello più alto): Luce Soffusa – Luce Soffusa – Saturazione.

finale

Anche questa soluzione però non è perfetta. Un metodo dall’effetto più realistico esiste, ma comporterebbe un post apposito, data la complessità, mentre qui ho voluto solo sottolineare l’aspetto prospettiva. 

Ci sarebbe ancora molto da dire anche riguardo al fuoco prospettico in generale, ma ne uscirebbe un post troppo lungo. Per il momento accontentiamoci della sua applicazione ai graffiti. 🙂

L’intruso ha trovato casa

Un anno e mezzo fa, circa, ho pubblicato una fotografia del 1955 dove ero immortalato in tutto il mio splendore, in quel di Breguzzo (Trova l’intruso).
Tramite Google Street View ho poi cercato la casa rappresentata alle spalle e ho anche incaricato l’amica stileminimo, che è di quelle parti, di provarci dal vero. Impresa improba, dato che la casa praticamente non si vede.
Comunque, sforzando la memoria e la logica, ero arrivato ad identificare una casa “possibile” quando, nello stesso post, mi ha contattato incredibilmente il proprietario della casa stessa, che l’aveva riconosciuta. E mi ha confermato che era proprio quella che io avevo individuato.
Insomma il post, che chiedeva di trovare l’intruso, si era trasformato nella caccia alla casa.

Appagato dal risultato non ho più considerato quel post, però mi sembra giusto un aggiornamento (sia pure tardivo) che metta a confronto l’originale con l’attuale.

Dal 1955 dal vivo al 2011 di Google Street View

Dal 1955 dal vivo al 2011 di Google Street View

Perché ci tenevo tanto a trovare quella casa? Perché lì ho passato un mese della mia prima vita ed è stato il primo posto dove sono stato fuori casa, senza i miei genitori. E ho passato i primi 15 giorni a piangere (acca24) perché volevo tornare a casa. 😥
Esasperati, i responsabili mi facevano fare tutto quello che volevo, senza successo. Sono arrivati a farmi entrare nella stanza che sta dietro la finestra in basso, sulla destra, dove c’era un plastico di trenino elettrico, custodito gelosamente. Sono stato l’unico bambino che l’ha visto quel trenino. Tra le lacrime, ma l’ho visto (chissà di chi era). Son soddisfazioni, dopo 60 anni 🙂

Essendo una colonia mista, i maschietti venivano tenuti separati dalle bambine. I primi giocavano nella parte destra dello spazio tra la casa e il cancello (a sinistra di chi guarda), mentre le seconde stavano dalla parte opposta (sotto la finestra del trenino). Era una regola che valeva per tutti. Tranne uno, naturalmente. Io stavo relativamente tranquillo se mi lasciavano tra le bambine e così ero esentato 😉

Quando andavamo a passeggiare, rigorosamente in fila per due, io ero la colonna sonora. 😥

Dopo 15 giorni sono venuti a trovarci i genitori; io non mi sono più sentito abbandonato e ho deciso, con gran sollievo di tutti, che era ora di basta.
Non prima però di aver tentato il colpo basso.

Sulla sinistra di chi guarda, c’era, e c’è ancora (non inquadrato), un cancello. A quei tempi era chiuso da un catenaccio arrugginito che nessuno era in grado di aprire, se non ricorrendo ad un fabbro.
Quando la corriera coi genitori si allontanò con tanti saluti, io riuscii a convincere gli altri ad aiutarmi ad evadere.
O ero un grande motivatore, o non vedevano l’ora di liberarsi di me. Fatto sta che riuscimmo ad aprire quel cancello ed io sgattaiolai fuori, correndo come un forsennato in mezzo alla strada, dietro alla corriera.
La scena fu quella della corriera che si allontanava, io che la inseguivo gridando “mamma!!!” ed i responsabili che inseguivano me gridando “Bruno!!!”. 😀

Da allora smisi di piangere, però non saprei dire se fu il fatto di aver rivisto i miei o piuttosto l’essere riuscito ad aprire un cancello bloccato che mi appagò. 😕

p.s. Visto che l’altra volta nessuno è riuscito a trovare l’intruso è giusto che lo riveli: è il primo bambino seduto a destra di chi guarda. Non ero un amore? 😎

 

 

Come rimuovere un pattern da una fotografia

Nella storia della fotografia c’è stato un periodo durante il quale si usava stampare su una carta particolare che mostrava inciso un fitto reticolo ricordante le cellette degli alveari.
Non so quale fosse il senso di questa cosa. Probabilmente era un modo per dare l’illusione di una maggior nitidezza di quanto non permettesse l’emulsione di quei tempi. Fatto sta che oggi quelle vecchie foto sono la bestia nera di quanti vorrebbero scannerizzarle per metterle in un album digitale. I vari filtri in dotazione a Photoshop comportano una fatica immensa e sostanzialmente non danno risultati soddisfacenti.
Problema analogo lo mostrano quelle immagini, prese da riviste o giornali, in cui è evidente il retino tipografico.

Personalmente non amo molto utilizzare i plugin, ma in questo caso la scelta è obbligata se vogliamo un risultato decente con pochissima fatica.
Alex V. Chirokov ha infatti creato un plugin per Photoshop che risolve il nostro problema. In internet esistono ormai diverse versioni ed è difficile districarsi nel trovare quella giusta o più recente, per questo ho pensato bene di mettere a disposizione quelle che utilizzo io. Parlo al plurale perché io uso sia la versione a 32bit che quella a 64bit, che ho messo in un unico file compresso, liberamente scaricabile, a questo indirizzo: http://www.brunoberti.it/utilities/FFT.rar

Per installare il plugin, dopo averlo scaricato e decompresso, se avete la versione a 32bit di Photoshop è sufficiente copiare i due file che si trovano nella cartella x86 nella cartella Plug-ins di Photoshop e avviare il programma. Se invece avete la versione a 64bit i file li trovate nella cartella x64; in questo caso dovete copiare nella cartella Plug-ins di Photoshop i due file che terminano con .8bf, mentre il file che termina con .dll dovete copiarlo nella cartella principale di Photoshop (la stessa dove è presente l’eseguibile photoshop.exe per capirci).
Per verificare la corretta installazione lanciate Photoshop e verificate che nel menu dei Filtri appaia anche la voce Fourier Transform (poi parleremo di questo nome astruso).

Per mostrare l’uso del plugin utilizzerò l’immagine seguente.

fotografia originale

fotografia originale

Qui si vede bene ciò che intendevo all’inizio. Non solo la fotografia mostra un pattern a cellette riconoscibilissimo, ma mostra anche segni di degrado la cui correzione sarebbe praticamente impossibile in presenza del pattern stesso.

Prima di procedere dobbiamo considerare tre cose.

  1. La prima è che il plugin lavora esclusivamente su immagini RGB (verificare quindi alla voce di menu Immagine->Metodo e, se il caso, provvedere alla corretta impostazione).
  2. La seconda è che il plugin darà un risultato in bianco e nero (questo nella maggior parte dei casi non è un problema perché queste vecchie fotografie sono quasi sempre in bianco e nero, ma qualcuna no, come nel mio esempio). Risolveremo questo inconveniente alla fine, nel frattempo facciamo una copia della nostra fotografia (menu Immagine->Duplica…).
  3. La terza infine è che il plugin lavora sul solo livello di background o Sfondo, quindi se ci sono più livelli o anche se ce ne è uno solo ma flottante, va tutto riportato allo stato di Sfondo (menu Livello->Unico Livello).

Una volta che tutto è a posto con le impostazioni, passiamo senz’altro al menu Filtro->Fourier Transform->FFT RGB… (da non confondere con IFFT RGB… con la “i” iniziale)

Filtro FFT

Filtro FFT

Questa orrida immagine è il risultato dell’applicazione di una procedura matematica chiamata Trasformata di Fourier (Fourier Transform) nella sua variante “veloce” (Fast in inglese, da cui il nome del filtro FFT – Fast Fourier Transform). Il suo compito non è di mostrarci una bella immagine, ma, nel nostro caso, la distribuzione delle ricorrenze dei dati che formano la foto (chiedo scusa ai matematici per l’eccessiva semplificazione – per quanti volessero approfondire c’è sempre Wikipedia). Naturalmente messa così non ci aiuta molto, ma se passiamo alla scheda dei canali e scegliamo il solo canale del Rosso (nella versione a 32bit sarà invece il canale del Verde)  avremo qualcosa di più significativo.

FFT - Canale del Rosso (nella versione a 32bit è il canale del Verde)

FFT – Canale del Rosso (nella versione a 32bit è il canale del Verde)

Tutte quelle stelline che appaiono sono causate dal nostro pattern! Basta eliminarle ed il gioco è fatto… quasi 😉 . Utilizzando un pennello sfumato ed un colore grigio scuro dobbiamo coprirle una ad una. MA NON DOBBIAMO ASSOLUTAMENTE TOCCARE L’AREA CENTRALE DELL’IMMAGINE! Anzi, più ne stiamo lontani e meglio è. Se c’è qualche stellina vicina al centro andiamoci con un pennello piccolo e con attenzione.
Dovremmo ottenere una cosa del genere.

FFT - canale del Rosso corretto

FFT – canale del Rosso corretto

A questo punto torniamo sul canale RGB e ritroveremo più o meno la stessa brutta immagine di prima. 😦
Andiamo sul menu Filtro->Fourier Transform->IFFT RGB… (con la “i” iniziale questa volta) e voilà. 🙂

Filtro IFFT

Filtro IFFT

Come si vede la fotografia ha bisogno di un pesante restauro, non per colpa del plugin, ma per degrado originale della foto. Ora però è possibile intervenire con buone possibilità di successo. Farlo prima sarebbe stato velleitario.

Un uso troppo disinvolto del plugin può introdurre artefatti fastidiosi; il mio consiglio è di procedere per gradi cominciando a correggere i punti più evidenti, applicare il filtro IFFT per vedere il risultato ed eventualmente tornare indietro e modificare o aggiungere le correzioni, fino ad un compromesso accettabile. Come si nota, nel mio esempio qualche artefatto è presente ai bordi; niente che non si possa correggere con il timbro clone senza martoriare ulteriormente l’immagine col filtro FFT.

A questo punto il lavoro del plugin è terminato e, come avevo preannunciato, l’immagine risultante ha perso il colore.
Prima di procedere chiariamo ancora alcune cose.
Il termine IFFT, che dà il nome al secondo filtro che abbiamo usato, è l’acronimo di Inverse Fast Fourier Transform; in pratica, per riottenere la nostra immagine abbiamo applicato la procedura inversa a quella iniziale dopo aver effettuata la correzione.
Il colore si è perso perché la procedura lavora esclusivamente sulla tonalità  che è uno dei parametri del colore (l’altro è la saturazione, che viene scartata nella procedura). Questo dettaglio ci è utile per capire il senso del successivo passo.

Per ridare il colore originale alla nostra fotografia consideriamo il fatto che, come detto, il plugin, lavorando solo sulla tonalità, perde le informazioni complessive del colore. Di fatto ciò che resta è solo la rappresentazione della luminosità. La luminosità infatti è utilizzata in relazione al cosiddetto spazio dei colori dove rappresenta una delle coordinate, essendo le altre la tonalità e la saturazione che sono espressione del colore. Venendo a mancare il colore ciò che resta è la luminosità. (*)

Su Photoshop è prevista una modalità che tratta separatamente la luminosità dai colori. Si tratta della modalità Lab (menu Immagine->Metodo->Colore Lab).
Applichiamo quindi la modalità Lab ad entrambi i documenti aperti in Photoshop; sia questo, che abbiamo appena corretto, che l’originale duplicato all’inizio.
Nel documento su cui stiamo lavorando passiamo alla scheda dei canali, selezioniamo il canale Luminosità e lo copiamo in memoria (Ctrl-A e Ctrl-C).
Nella copia del documento originale (quella a colori con ancora il pattern) andiamo nella scheda dei canali, selezioniamo anche qui il canale Luminosità e stavolta incolliamo (Ctrl-V).
In pratica non abbiamo fatto altro che sostituire il canale della luminosità del documento originale con quello del documento corretto, senza coinvolgere i colori che sono regolati dai canali a e b. Riselezionando il canale Lab su quest’ultimo documento otterremo la nostra immagine a colori depurata del pattern.

Risultato finale

Risultato finale

C’è da dire che questa tecnica funziona perfettamente in presenza di un pattern tonale come quello della carta delle vecchie fotografie. In presenza di retino tipografico, dove il pattern è invece di tipo cromatico, le cose non sono così semplici e bisogna intervenire anche con filtri di riduzione del rumore lavorando sui canali a e b.

Per quanti fossero interessati al recupero di vecchie fotografie danneggiate rimando al mio precedente post Come eliminare graffi e polvere dalle fotografie

Buon divertimento 🙂

(*) Ringrazio Gabriele-TheClue per avermi segnalato un errore marchiano in questa sezione 🙂

Come ottenere un effetto infrarosso

Uno degli effetti più semplici da ottenere con Photoshop è l’infrarosso.
Le ultime versioni del programma hanno già l’effetto preimpostato, ma vale la pena comunque di apportare qualche correzione per un risultato molto più interessante.
Vediamo quali sono le procedure.
Innanzi tutto occorre concentrarsi nella scelta di una immagine adeguata. Inutile perdere tempo su fotografie che già in partenza offrono poche possibilità di riuscita.
Uno o più alberi sullo sfondo di un cielo azzurro in cui campeggia qualche nuvola è il soggetto ideale.
Purtroppo non avevo a disposizione un cielo simile e ho dovuto accontentarmi della foto seguente.

Immagine originale

Immagine originale

Una volta scelta l’immagine è opportuno verificare se non sia il caso di esaltare un po’ i colori. Non è strettamente necessario, ma secondo me aiuta. Per fare questo rimando al mio precedente post Come ravvivare i colori nelle nostre fotografie.
La procedura di esaltazione dei colori prevede di lavorare col metodo Colore Lab, perciò, dopo averlo utilizzato e prima di proseguire, occorre tornare al metodo originale RGB (Immagine->Metodo->Colore RGB).

Esaltazione colori con ColorLab

Esaltazione colori con ColoreLab

Anche qui, come nella procedura di esaltazione dei colori, lavoreremo su un livello di regolazione, in particolare la miscelazione dei canali. Aggiungiamo quindi il nostro livello di regolazione dal menu Livello->Nuovo livello di regolazione->Miscelatore canale…
Nella finestra che si apre scegliamo il menu a discesa Predefinito, selezionando la voce Bianco e nero infrarossi (RGB).
La nostra immagine cambierà immediatamente in una immagine in bianco e nero pseudo-infrarossa. I parametri della finestra come si vedrà sono cambiati, a partire dal flag Monocromatico che ora è attivato.
Concentriamoci però sui cursori dei colori, che sono sempre lì ad indicare le varie componenti cromatiche che portano alla nostra immagine in bianco e nero. Non dovremo fare altro che portare il rosso su 0% ed il blue su -200%, mentre il verde dovrebbe già essere al suo valore corretto (200%). Se qualche parte dell’immagine dovesse risultare troppo bruciata possiamo regolare leggermente il cursore Costante.
Adesso l’infrarosso è certamente più credibile.

Immagine all'infrarosso

Immagine all’infrarosso

Probabilmente nelle vecchie versioni di Photoshop non esiste l’infrarosso predefinito. In questo caso possiamo agire direttamente sui cursori dei colori. Con il Canale in output su Rosso (il cursore relativo sarà su 100% mentre il verde ed il blue saranno su 0%) portiamo il cursore del verde su 200% e quello del blue su -200%, poi (e solo POI) attiviamo il flag Monocromatico e riportiamo i cursori ai valori appena indicati, vale a dire 100% per il rosso, 200% per il verde e -200% per il blue.

La nostra immagine all’infrarosso è sostanzialmente già a posto, ma se vogliamo dargli anche l’alone luminoso che appare in molte foto originali dobbiamo fare un ulteriore passo.
Dal menu Livello scegliamo Unico livello. Duplichiamo il livello ottenuto e sulla copia applichiamo il filtro Sfocatura->Controllo sfocatura… e regoliamo i parametri in modo da avere un’immagine molto sfocata.

Controllo sfocatura

Controllo sfocatura

Per ottenere la nostra immagine finale è sufficiente a questo punto regolare la trasparenza del livello sfocato fino ad ottenere l’effetto desiderato (50% o poco più di opacità).

Immagine all'infrarosso con alone luminoso

Immagine all’infrarosso con alone luminoso

Migliorare una foto sfocata

Nota: Adobe è talmente attenta a questo problema che pare inserirà una apposita funzione nella versione di Photoshop CS6 che fa letteralmente miracoli, come si vede nella foto seguente:

correzionemosso

 

Aggiornamento: in Photoshop CS6 in distribuzione non c’è traccia del plugin promesso 😦

Aggiornamento luglio 2014: Tra i filtri Nitidezza della versione Photoshop CC c’è ora la voce Riduzione effetto mosso… che, provata semplicemente coi valori di default sulla foto di sinistra, apporta in effetti una correzione notevole, anche se appare più impastata dell’originale sulla destra. Mi riservo di fare delle prove più mirate e partendo da immagini realmente mosse e/o sfocate (l’immagine di sinistra è stata “mossa” via software e non è una reale foto sbagliata).